Riesling, Gewurztraminer, Nebbiolo, Aglianico. Paglierino, ceruleo, violaceo. Consistenza, limpidezza, colore. Arabo? No. Sei semplicemente tra chi ancora pensa che l’unico distinguo che vale la pena fare nella scelta del vino da bere a cena sia tra bianco e rosso.
Ma se sei qui, probabilmente sei anche una persona dai sani princìpi, che comprende il valore culturale inestimabile della nostrana tradizione enogastronomica, costruito con secoli di passione, esperimenti, dedizione e sacrificio. Sei qui perché hai capito la gravità della tua mancanza e vuoi porvi rimedio. O semplicemente vuoi darti delle arie, obiettivo comunque non meno ragguardevole.
Sia ciò che sia a muoverti Stocchetti mette a tua disposizione una rapida guida introduttiva all’analisi del vino in 3 (tre) articoli che ti sosterranno nel muovere i primi passi nella comprensione di quella che, in uno stadio più avanzato, riuscirai a riconoscere come arte. Oltre all’analisi visiva, a cui è dedicato questo articolo, parleremo anche di quella olfattiva e di quella gustativa.
Potrai finalmente fare il grande passo e smettere di scegliere il vino esclusivamente in base al rapporto “componente alcolica/prezzo”. Sentirai la tua autostima farsi più solida nel riuscire a decifrare le etichette al supermercato. Al ristorante potrai prendere in mano la situazione e rompere con disinvoltura il gelo del “chi assaggia?”. Questi e tanti altri vantaggi dalle guide Stocchetti all’analisi sensoriale del vino.
Prima di partire: perché l’esame visivo è importante?
Sebbene possa sembrare la fase meno importante, in quanto il vero valore del vino sta sicuramente nell’olfatto e nel gusto, in realtà non è così. Riusciamo infatti già in questa fase a carpire informazioni essenziali. Come nel fare una nuova conoscenza, la prima impressione ce la da l’aspetto, le movenze, la gestualità, anche nel vino potremmo già sapere se tra noi e il vino in esame può funzionare dal colore, dalla limpidezza e dalla consistenza.
L’aspetto visivo del vino può dirci molto sulla provenienza, sul vitigno, sulla tecnica di lavorazione, sul suo stadio di evoluzione e perfino mettere in luce eventuali difetti.
Restano comunque prime impressioni, che dovranno poi essere confermate nelle successive fasi di analisi.
Ma vediamo ora più nel dettaglio cosa e come valutare nel corso di un’analisi visiva del vino, subito prima di annusarlo e berlo.
Colore del vino: l’abito che fa il monaco
Questa la so: è rosso. Facile. Il colore è sicuramente la prima cosa che salta all’occhio, ma rosso, bianco, rosato e arancione purtroppo non sono le uniche possibilità. Sarebbe generalizzare, come dire che i politici sono tutti ladri, che gli uomini sono tutti uguali, che i Mondrian sono tutti uguali.
Dovremo infatti anche essere in grado di distinguere l’intensità (un rosso può essere intenso, o scarico e spento), la tonalità (rosso rubino, rosso ceruleo, e così via), le sfumature e i riflessi del vino nel suo colore.
Perché questi distinguo sono importanti? Perché ci informano su alcune caratteristiche che ci apprestiamo a bere. Un colore più intenso e sostanzioso ci dirà già qualcosa sul clima in cui l’uva è coltivata, probabilmente più irradiato dal sole, che favorisce la formazione delle sostanze coloranti e, per medesima azione, anche degli zuccheri e dei polifenoli.
Quindi? Un vino dal rosso più evidente sarà anche probabilmente più corposo, alcolico e olfattivamente intenso.
Non è un caso infatti che queste caratteristiche siano spesso quelle dei vini meridionali, dove sole ce n’è in abbondanza per gran parte dell’anno.
Eventuali sfumature all’interno del vino possono informarci, oltre che sulla tipologia di vitigno, anche su tipo di lavorazione, o su stadio di maturazione. Una sfumatura aranciata in un rosso può significare invecchiamento in barrique, quindi più complessità olfattiva e gustativa. Sfumature verdoline in un bianco possono suggerire che il vino è molto giovane e conseguentemente più fresco degli ex coetanei.
Sotto luce il più possibile naturale valutate quindi questi importanti primi fattori: intensità del colore, conseguente trasparenza del vino, ovvero quanta luce lascia passare, e presenza di sfumature.
Limpidezza del vino: mens sana in corpore sano
L’acqua limpida di sorgente, appena sgorga è pura, trasparente, cristallina, grida “bevimi” allo sguardo. La limpidezza del vino è pure data dalla presenza di particelle in sospensione. Meno ce ne sono, più il vino è limpido.
Questi corpuscoli sono variegati, possono derivare da diversi fattori, ma in genere vengono nella maggior parte filtrati prima dell’imbottigliamento. Una non corretta, o assente, filtrazione determina la non brillantezza del vino, che risulterà velato.
Un vino limpido è sicuramente cosa apprezzabile. Occhio però. Il contrario non è necessariamente negativo, per vari motivi. Alcune cantine possono decidere deliberatamente di non filtrare alcuni vini, similmente a come succede per le birre non filtrate, per rispettare la tradizione, o anche semplicemente perché l’enologo ha deciso così.
Oppure ad esempio in vini rossi da lungo affinamento in bottiglia, le particelle possono essere nient’altro che le normali sostanze coloranti insolute nel corso del tempo che adesso fluttuano solide nel vino. E va bene così, perché vuol dire che il vino è parecchio invecchiato, e se non è andato a male state per degustare qualcosa di particolare e di inedita qualità.
A differenza della trasparenza di cui dicevamo prima, ovvero della quantità di luce che i pigmenti presenti nel vino lascia passare, la limpidezza quindi è data dalle particelle in sospensione visibili.
Consistenza del vino: le phisique du role
Questa è famosa e la sanno quasi tutti: più archetti si formano sul bicchiere, più il vino è alcolico.
È vero, ma perché? Perché quando un vino è più denso e viscoso allora ha una componente alcolica più elevata e viceversa? La risposta semplice e un po’ generalizzante, ma in questa sede sufficiente, è che tutte quelle componenti chimiche che determinano un grado alcolico più elevato sono le stesse che lo rendono più consistente, denso, viscoso.
Il loro rapporto quindi è direttamente proporzionale secondo questa formula brutale: più esposizione al sole = più maturazione = più zuccheri residui e più alcol = più consistenza.
Fate ruotare delicatamente il calice contenente il vino e osservate il numero e la frequenza degli archetti che si vengono a formare. Potrete farvi un’idea preventiva sulle caratteristiche sopra citate.
Effervescenza del vino: un po’ di brio
Tematica a parte è quella dell’ effervescenza del vino, dedicata ai soli vini spumanti e frizzanti.
Essa è data dalla componente di CO2 che si genera durante la fermentazione che va a formare il cosiddetto perlage, all’italiana le bollicine. Sebbene la sua valutazione si completi in fase gustativa, anche qui si possono già fare importanti considerazioni.
Si potranno valutare la grana delle bollicine per apprezzarne positivamente la finezza, il numero cospicuo e la lunga persistenza.
A differenza della consistenza, compiete quest’analisi staticamente, ovvero senza mescolare il vino. Valutate le caratteristiche descritte sulle catene di bollicine che dal basso si muovono fino alla superficie.
Valutate sempre l’eventuale effervescenza, dato che essa può venire a formarsi anche in caso di vini che non dovrebbero averla. In quel caso si tratta di un difetto dovuto a fermentazioni che non sarebbero dovute avvenire.
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